Le reti elettriche europee sono sicure ma servono grossi finanziamenti per potenziarle
La Commissione UE e gli enti di settore hanno già varato piani di sviluppo, ma resta l’incognita su dove reperire i fondi necessari
Articolo a cura di Roberto Giovannini
Lo stato di salute è buono, tutto sommato più che soddisfacente: ma se vogliamo evitare problemi e affrontare come si deve la transizione ecologica ed energetica, il sistema elettrico europeo deve costantemente migliorare da tutti i punti di vista. Quello della cosiddetta adeguatezza, cioè la capacità di soddisfare sempre e in modo sicuro il fabbisogno di energia elettrica dell’Europa, quello della preparazione a fronteggiare eventuali rischi naturali ed eventuali attacchi digitali, e quello della capacità di gestire il profondo cambiamento del sistema elettrico verso una generazione sempre più distribuita e sempre più basata sulle fonti rinnovabili.
I report e gli studi delle istituzioni europee preposte per adesso sono tranquillizzanti. Eppure la Commissione e gli enti del settore hanno già varato importanti piani di sviluppo e di rafforzamento, con cospicui investimenti nei prossimi anni. Perché, come afferma l’Agenzia Internazionale dell’Energia, per ogni euro investito nelle fonti rinnovabili deve corrispondere almeno un altro euro investito nello sviluppo delle infrastrutture e dei servizi per trasportare l’energia prodotta. Non serve a nulla installare pale eoliche e campi fotovoltaici se non si ha una rete elettrica in grado di trasportare l’energia prodotta nelle zone dove serve di più.
L’adeguatezza delle reti elettriche
Partiamo dal tema dell’adeguatezza, cioè se un sistema elettrico è dotato di risorse sufficienti in termini di generazione, stoccaggio, controllo della domanda e capacità di trasporto per soddisfare la domanda attesa di energia elettrica con un ragionevole grado di fiducia. È un gioco complicatissimo, che viene gestito sulla base di sofisticati algoritmi da ogni TSO (Transmission System Operator), ovvero gli operatori che in ogni singolo paese europeo gestiscono la rete elettrica ad alta e altissima tensione. In Italia questa attività è gestita da Terna, che peraltro è uno dei più grandi operatori mondiali.
Un gioco complicato, perché l’energia elettrica è difficile da immagazzinare: in linea generale ‒ almeno finché non verrà realizzato un massiccio sistema di accumulo ‒ dev’essere prodotta e consumata al momento, facendo in modo che consumo e produzione siano bilanciati istantaneamente per evitare problemi nella continuità del servizio. Questo significa che a seconda dell’ora del giorno, della domanda di elettricità, della capacità e del tipo di generazione, delle circostanze naturali, della capacità di spostare elettricità sulla rete nazionale, della possibilità di esportare o importare energia, il bilanciamento deve essere sempre perfetto.
Ma il sistema, sia nazionale che europeo, è progettato per fronteggiare crisi e anomalie. Non è un caso che nessuno o quasi nel 2021 si accorse di un improvviso calo di frequenze sulla rete elettrica ad alta tensione della Romania, che per qualche millisecondo rischiò di dividere in due la rete europea e potenzialmente far saltare il servizio con conseguenze disastrose. In pochi istanti i sistemi automatici rilevarono infatti l’anomalia, intervenendo con varie misure (tra cui il distacco temporaneo dell’elettricità a grandi gruppi industriali “energivori”). Alla fine, nessuno si accorse di nulla.
Il sistema è sicuro ma va potenziato
Come dimostrano i report di ENTSO-E, l'associazione europea dei gestori dei sistemi di trasmissione dell'energia elettrica a cui aderiscono tutti i paesi europei meno Russia e Bielorussia, il sistema è sicuro dal punto di vista dell’adeguatezza.
Questo inverno, in particolare, grazie alla nuova capacità di produzione da rinnovabili e la riduzione dei consumi energetici non sono stati registrati problemi di alcun tipo, nonostante ad esempio le difficoltà del sistema francese, alle prese con la manutenzione di molte delle sue datate centrali nucleari. L’Italia, si legge nell’ultimo Winter Report, ha bisogno di importare elettricità dai nostri vicini per un quantitativo pari a poco oltre i 2 GW in alcune ore critiche.
Detto questo, la Commissione Europea è però consapevole che le reti elettriche devono essere potenziate per fare elettrificazione dei consumi e dunque decarbonizzazione. Del resto, il 40% delle nostre reti di distribuzione ha più di 40 anni, la capacità di trasmissione transfrontaliera è destinata a raddoppiare entro il 2030 e si punta a un aumento del 60% del consumo di elettricità nell’UE entro il 2030. Per questo proprio di recente la Commissione ha proposto un Action Plan per rafforzarle ed estenderle. Tra le proposte, l’accelerazione dei cosiddetti “Progetti di Interesse Comune”, una pianificazione a lungo termine delle reti, norme per favorire gli investimenti per i progetti di rete intelligenti e digitali, per accelerare i passaggi autorizzativi.
Serviranno molti soldi per fare queste cose: secondo quanto scritto da ENTSO-E nel Piano di sviluppo della rete offshore pubblicato in gennaio, solo per il collegamento dei parchi eolici offshore entro il 2050 bisogna costruire 54.000 chilometri di impianti di trasmissione, con un investimento totale stimato in circa 400 miliardi di euro. Soldi che però non ci sono, almeno per il momento: secondo una stima di Eurelectric oggi si investono nelle reti elettriche soltanto 23 miliardi di euro l’anno, mentre ne servirebbero almeno 38 di qui al 2030 e 100 l’anno fino al 2050.
La cybersicurezza delle reti elettriche
Gli investimenti dovranno riguardare anche un tema delicato come quello della cybersicurezza. È facile immaginare che tipo di effetto sulla vita e sull’economia dell’Europa potrebbe avere un attacco digitale di dimensioni importanti ai sistemi digitali che sostengono materialmente la rete. Con l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia gli attacchi informatici contro il settore energetico sono aumentati in modo massiccio. Un recente rapporto dell'Agenzia Internazionale dell'Energia ha rilevato che il numero medio di attacchi informatici contro le utility è più che raddoppiato tra il 2020 e il 2022 in tutto il mondo, con 1.101 attacchi registrati lo scorso anno.
Anche per questo si sta cercando di correre ai ripari varando un vero e proprio Codice di Rete sulla Cybersecurity, che servirà a fissare regole per una valutazione del rischio digitale, per stabilire livelli minimi comuni di sicurezza, una seria certificazione dei prodotti e dei servizi utilizzati, una gestione e un controllo delle eventuali situazioni di crisi.
Lo scorso 11 marzo la Commissione Europea ha adottato un primo blocco di norme dell'UE sulla cybersecurity per il settore elettrico, al fine di varare misure che assicurino un alto livello di sicurezza informatica generale per i flussi elettrici transfrontalieri in Europa, per garantire una reazione rapida agli attacchi, per contenere il pericolo di effetti a cascata sui vari operatori, e per affrontare la complessa combinazione di tecnologie nuovissime e tradizionali tipiche delle infrastrutture elettriche. Il dossier passa ora al Consiglio e al Parlamento Europeo per l'esame del testo. Successivamente le norme entreranno in vigore.