Decreto aree idonee per rinnovabili, una misura necessaria che tarda ad arrivare
La norma era stata richiesta per velocizzare l’installazione dei nuovi impianti di energia rinnovabile, ma il provvedimento non ha ancora ottenuto il via libera
Articolo a cura di Roberto Giovannini
Non piace alle Regioni, e non piace nemmeno al mondo delle imprese della filiera delle rinnovabili. Parliamo del cosiddetto “decreto sulle aree idonee”, ovvero del provvedimento ‒ ancora in bozza, e ancora più che mai lontano dall’essere in dirittura d’arrivo ‒ che dovrebbe definire dove si può realizzare un impianto eolico o fotovoltaico. Una norma fondamentale per aprire la strada a miliardi di investimenti in energie pulite, indispensabili per generare lavoro e occupazione, per ridurre le bollette degli italiani, e per consentire a Italia ed Europa di completare il percorso di transizione ecologica.
Ma il provvedimento attende ancora il via libera della Conferenza delle Regioni, a cui il testo è stato inviato dal MASE, il Ministero per l’ambiente e la sicurezza energetica, e la firma della Conferenza Stato-Regioni. Una volta superati questi scogli, con il decreto formalmente in vigore le Regioni avranno sei mesi per varare apposite leggi regionali per individuare le aree “idonee”. Un vero e proprio paradosso per una norma che era stata richiesta e sollecitata per velocizzare l’installazione dei nuovi impianti.
Le richieste dell’industria
Elettricità Futura, l’associazione che rappresenta le imprese dell’energia in Confindustria, ha più volte ribadito le proprie perplessità. Il presidente, Agostino Re Rebaudengo, ha dichiarato a margine di un evento svoltosi a Key Energy che “dovremmo avere il coraggio di dire che sono aree idonee per le rinnovabili tutte le aree che non erano non idonee nel 2022. Invece con la bozza di decreto nelle aree idonee sarebbe ancora più difficile fare gli impianti.”
Sulla stessa linea anche Simone Togni, il presidente di ANEV, l'Associazione delle imprese dell’eolico. La bozza di decreto, così com’è, "per l'eolico non consente la realizzazione di impianti. Viene introdotta una fascia di rispetto da 3 a 7 km dai terreni soggetti a vincoli paesaggistici. Ma così non si riesce a trovare nessuna area sul territorio che risponda a quei criteri. La fascia di rispetto è un controsenso". Togni continua “a credere che la soluzione ideale sia quella di definire delle aree non idonee, e in tutte le altre avere dei criteri che siano oggettivi e che consentano di realizzare gli obiettivi di fonti rinnovabili che il Governo ha posto. Altrimenti cadiamo in una situazione kafkiana, nella quale abbiamo degli obiettivi nazionali vincolanti, e poi delle norme nazionali che vietano di realizzare gli impianti che gli obiettivi indicano. Serve una cabina di regia a livello di Presidenza del Consiglio, per mettere insieme questi due numeri”.
Concorda il vicepresidente di ERG, Alessandro Garrone, che in un convegno alla Camera dei Deputati ha stigmatizzato i ritardi nelle autorizzazioni e nella definizione di corretti prezzi per l’energia da rinnovabili alle aste. "Stiamo aspettando da tempo il decreto FER X, che dovrebbe sistemare queste e altre cose, e non c'è ancora. Stiamo aspettando il testo sulle aree idonee per gli impianti eolici e fotovoltaici, ma non sappiamo ancora dove sono queste aree idonee".
Decreto aree idonee, le criticità della bozza
Sulla carta, a sentire fonti governative, l’iter del decreto sulle aree idonee sarebbe in procinto di sbloccarsi. Non è chiaro se un’intesa tra il Governo e le Regioni sia stata effettivamente però raggiunta. Le Regioni avevano già chiesto alcune modifiche, a partire da un margine superiore di discrezionalità a loro favore per identificare le aree idonee e quelle non idonee, eliminando alcune indicazioni specifiche per i criteri di identificazione delle singole aree idonee, in favore del rispetto di alcuni principi. In particolare, le Regioni premono per eliminare quei vincoli che renderebbero molto difficile realizzare il fotovoltaico su terreni agricoli, anche in aree idonee. Ancora, avrebbero chiesto una riduzione dell’obiettivo a livello nazionale, che scenderebbe da 80 a 75 GW.
Tra le misure più contestate dalle industrie del settore nella bozza a suo tempo diffusa, l’individuazione di “fasce di rispetto” per l’eolico più ampie di quelle previste per il fotovoltaico e il fatto che le aree industriali non siano sempre effettivamente considerate idonee, ma solo se dismesse o compromesse. E in effetti suona bizzarro pensare che un’area appositamente progettata per uno sviluppo industriale possa non essere considerata adeguata all’installazione di impianti per la generazione di elettricità da fonti rinnovabili. Ancora, nella bozza le aree agricole classificate come DOP, IGP, STG, DOC, DOCG, produzioni biologiche e produzioni tradizionali sono definite sempre “non idonee”, ma genericamente, come intera area, e in molti casi questi territori a marchio tutelato abbracciano anche un’intera Regione.